La pandemia da Coronavirus, in questi lunghi e terribili mesi, ha inevitabilmente influenzato le abitudini, gli stili di vita, la comunicazione in tutto il mondo. Il Covid, infatti, ha rappresentato un qualcosa di nuovo ed inaspettato, che ha totalmente sconvolto una realtà dogmatica e apparentemente immutabile.
Nel prossimo futuro si dovrà discutere ed analizzare ciò che è stato, il modo in cui governi ed istituzioni mondiali hanno operato. Sarà poi necessario, seppur nel doveroso rispetto di chi ha perso la vita, porsi dubbi ed interrogativi, capire chi, nel disagio e nelle difficoltà sanitarie, sociali ed economiche ci ha guadagnato. La sensazione generalmente diffusa, infatti, è che con il passare del tempo emerga, sempre più spesso, la volontà di fare del virus un cavallo di Troia, allo scopo di scardinare l’ultima frontiera della socialità, gli ultimi avamposti del mondo che conosciamo, per imporne uno irreale, freddo, cibernetico… Un mondo che farebbe invidia a quello distopico dipinto a suo tempo da George Orwell.
Al di là di questa premessa che guarda al futuro, però, c’è un presente incombente fatto di incertezze e di timori. Un presente nel quale la scienza, pilastro fondamentale della nostra società evoluta, non riesce a dare risposte, si divide, strepita, litiga… Certo, presupposto fondamentale di ogni disciplina scientifica è la fallibilità, una teoria scientifica per essere tale deve poter essere smentita. La dialettica, in questo ambito, è dunque inevitabile ed è, soprattutto, utile al progresso. Ciò a cui stiamo assistendo, però, va in tutt’altra direzione, perché il dibattito scientifico si è ormai spostato dalle riviste, dai congressi e dai laboratori negli studi televisivi. Virologi, infettivologi, dottori sono oggi rappresentati da una serie di volti noti che, giornalmente, fanno capolino sul piccolo schermo.
Radio, TV, redazioni fanno a gara per accaparrarseli, per ottenere il virgolettato “da prima pagina”… Ciò che ne viene fuori è un quadro sconfortante, fatto di litigi infantili, di accuse incrociate, di questioni personali. Autoreferenzialità, tendenza a sminuire questo o quel collega, becere delegittimazioni, presenzialismo smisurato, esibizionismo. Insomma, più che di fronte a camici bianchi, sembra di trovarsi di fronte a grembiuli bianchi. Senza dimenticare, poi, il peso e l’influenza della politica in questo bailamme mediatico, senza dimenticare che qualcuno in politica c’è pure entrato.
Chiaramente non si può sminuire il lavoro importante fatto da chi il virus lo combatte in corsia, né da parte di coloro che lo studiano e lo combattono in laboratorio, sarà proprio grazie a questi uomini e queste donne che ne verremo fuori. Da profani, da osservatori, da semplici cittadini siamo però spiazzati e anche un po’ preoccupati… Più assistiamo a questi dibattiti mediatici più ci rendiamo conto che gli ospiti d’onore in camice bianco hanno contratto il virus della TV, morbo difficile da debellare.